TRACCE
2022

Fragili come la pelle del tempo, questi frammenti di ceramica emergono come reliquie di un gesto, di una forma che non cerca la perfezione, ma la sopravvivenza. Sono, infatti, resti. Le tracce lasciate da un passaggio, un contatto, un abbandono.
La superficie – screpolata o erosa – parla di ciò che è andato perduto e di ciò che rimane. Le crepe diventano mappe, il tessuto imprime un ricordo del corpo e delle mani. Il bianco, una linea interrotta da flebili tracce di colore, evoca ciò che il tempo ha cancellato ma che persiste come eco visiva, testimonianza silenziosa.
Queste opere non raccontano storie, sussurrano. Non gridano significati, ma aprono spazi all’ascolto. Si presentano come reperti parziali, artefatti inclassificabili che resistono all’erosione dell’oblio. Il titolo – Remnants – è sia una dichiarazione che una domanda: cosa rimane oggi di ciò che eravamo un tempo? Cosa rimane di un gesto, di un’abitudine, di una presenza?
Nella loro apparente immobilità, queste forme sembrano continuare a trasformarsi. Portano il peso di ciò che non c’è più, ma portano anche la forza sottile di una bellezza che non esige centralità. Una bellezza che si ritrova nei bordi consumati, nelle assenze, nei vuoti.
Non sono opere finite: sono ciò che sopravvive all’opera stessa.
L’INFANZIA RESTA TRACCE DELL’INTANGIBILE
2007

Gli oggetti dell’infanzia – quelli che un tempo abitavano le nostre stanze e riempivano i nostri giochi – riaffiorano in queste opere come metonimie della memoria, segni tangibili di ciò che eravamo e, in parte, siamo ancora. Nelle mani dell’artista, questi frammenti diventano catalizzatori di memoria, condensazioni simboliche di paure primordiali, fantasie visionarie e sogni troppo fragili per resistere al passare del tempo.
Attraverso un processo di stratificazione materica, l’artista costruisce un paesaggio visivo in cui superfici ruvide – cemento, gesso, pigmenti – si aprono rivelando tracce sommerse. Oggetti perduti, figure ibride e creature fantastiche emergono come reperti archeologici di un tempo interiore. È uno scavo simbolico, in cui ogni gesto artistico corrisponde a un gesto di memoria, un tentativo di riportare l’infanzia non come un’immagine nitida, ma come una presenza poetica, un’eco.
La memoria, in queste opere, si manifesta non come un archivio ordinato, ma come una nebbia. Le forme sono incerte, la loro consistenza inquieta, priva di contorni definiti: lo sguardo è invitato a un atto di ricostruzione, un esercizio di attenzione e tenerezza. L’ambiguità diventa la chiave espressiva, come se il passato non potesse mai tornare veramente, ma solo essere evocato attraverso indizi, impronte e risonanze emotive.
I materiali ruvidi e spigolosi, scelti proprio per la loro capacità di rivelare e nascondere allo stesso tempo, creano un contrasto tra la durezza del materiale e la delicatezza del contenuto. È in questa tensione che si rivela il significato più profondo dell’opera: l’infanzia è rappresentata non come un’innocenza idealizzata, ma come una rovina vivente, come ciò che sopravvive sotto strati di tempo, oblio e trasformazione.
Ogni opera è, in definitiva, un piccolo monumento all’intangibile. Un fragile ma tenace atto di resistenza all’oblio. Un tentativo di ricucire la distanza tra ciò che eravamo e ciò che siamo diventati.
RESTI
2022
“Christiane”
Gesso e tessuto – Dimensioni variabili – Due elementi a pavimento, liberamente posizionabili anche a distanza
Quante volte il tocco ha esitato sulla superficie di quel tessuto, tracciandone ogni piega come mappe incerte della memoria. Ora giace abbandonato. Eppure, nel suo abbandono, qualcosa emerge.
Come una reliquia dissotterrata da strati silenziosi, il tessuto solidificato nel gesso diventa una scoperta. Non più oggetto d’uso, ma traccia. Non più copertura, ma impronta. Materia che trattiene il gesto e lo restituisce in forma muta.
Quest’opera fa parte della serie Resti d’Infanzia, dove il tessuto diventa metonimia di ciò che un tempo era: protezione inconscia, rifugio, un senso di appartenenza senza parole. Due elementi separati, come i ricordi, come i corpi. Eppure ancora in relazione.
Scultura come scavo: non per rivelare ciò che è visibile, ma per portare alla luce ciò che ha lasciato un segno.
























